Storta va, diritta viene – Appunti per uscire dalla crisi in Campania
È questo l’appello lanciato da associazioni, circoli, soggetti civici e movimenti della Campania: la proposta di promuovere iniziative pubbliche e mobilitazioni per discutere del prossimo decennio di politiche pubbliche necessarie per la Regione Campania. A partire dall’analisi della mobilitazione di questi giorni.
Da Salerno a Caserta, da Napoli a Benevento – per citare i capoluoghi al voto nel 2021 – passando per Avellino, Pozzuoli e tanti altri territori, una decina di realtà sociali e politiche hanno preso parola per dire con chiarezza che bisogna cambiare passo nella gestione della pandemia.
Misure economiche e sociali, dal reddito di base allo stop degli affitti e delle utenze, per sostenere le necessarie misure sanitarie di contenimento di questa seconda ondata. Ma anche una nuova consapevolezza di proporsi come classe dirigente per costruire la regione del futuro.
Il primo tentativo di convergenza di realtà da tutta la regione all’interno dello scenario pandemico, la necessità di costruire nuove connessioni e protagonismi per restituire un futuro alla Campania.
Bruci la città (Francesco Bianconi)
Aumento spaventoso dei contagi e allo stesso tempo aumento vertiginoso della disperazione sociale. Questa è la situazione che vive la nostra terra, la Campania. La salute delle persone e la loro dignità di vita sono oggi preda di una raccapricciante contrapposizione costruita ad arte dal dibattito politico regionale e nazionale. “O si tutelano le vite delle persone o si sta dalla parte delle realtà economiche colpite dagli attuali o eventuali lockdown”: questo è ciò che ci sembra continuamente suggerire il governo regionale con un pericoloso ricatto tra salute e condizioni di vita, tutto scaricato su chi ha fame e si sta impoverendo.
Quello che si legge in queste ore sulla piazza di venerdì sera a Napoli segue esattamente questo meccanismo: attendere che la bomba sociale esploda e poi additare alle persone che hanno reagito diversi capi di accusa: irresponsabili, fascisti, camorristi e via seguendo. Un problema sociale enorme, intensificato da questa pandemia, sta generando e genererà inevitabilmente uno scontro tra l’incapacità di fornire misure sociali adeguati e l’urgenza di arrivare a fine mese ormai sempre più generalizzata, in un Sud già fortemente povero e precario. Tutto invece viene semplicemente derubricato ad atti di violenza da condannare.
La retorica sterile su camorra e violenza serve a non leggere ciò che questa piazza dice. Molti hanno agitato la retorica della direzione occulta della camorra per non ascoltare il grido di disperazione delle piazze di venerdì sera, composto in forma varia ed eterogenea. Si ricade nel classico stereotipo razzista, secondo cui la reazione sociale a Sud sia monopolio delle organizzazioni mafiose. Non vogliamo negare le complessità, ma solo cercare di capovolgere il punto di vista su quello che sta accadendo. Lo abbiamo imparato bene in questi anni vedendo crescere i loro interessi: le camorre sono sistemi criminali organizzati, con interessi economici di alto profilo. Non organizzano rivolte, anzi. Hanno invece molto spesso una funzione di cuscinetto in accordo con fette consistenti del potere economico e politico. Se le camorre ci spaventano in questa pandemia non è certo perchè si possono mettere a capo di una rivolta sociale. La loro capacità di infiltrarsi tra le realtà economiche in situazioni dove ci sono gravi momenti di crisi economica in seguito ad eventi catastrofici è sicuramente il punto di vista di cui la politica dovrebbe occuparsi con attenzione.
In questo momento i riflettori vanno invece puntati in un’altra direzione: il fallimento delle politiche infrastrutturali e sociali in Campania e le responsabilità politiche di questo fallimento. Proprio per questo troviamo insopportabile che il ruolo di governo della Campania anziché essere quello di organizzare la risposta sociale e sanitaria alla moltiplicazione preoccupante dei contagi sul nostro territorio, si limiti ad agitare un’unica funzione di moralizzazione dei comportamenti sociali. Come se l’emergenza che abbiamo di fronte fosse semplicemente un fatto di abitudini sbagliate, di voglia irresponsabile di svago e divertimento e non una catastrofe sanitaria dovuta ad una infrastruttura sanitaria indebolita e privatizzata, ad una incapacità di garantire il distanziamento sulla rete del trasporto pubblico sul quale non si è investito con urgenza e massicciamente in questi mesi e che costringe milioni di giovani e giovanissimi a non poter andare a scuola.
La retorica del chiudere tutto perché “i campani non rispettano le regole” è una bugia insopportabile. De Luca non vuole ammettere la verità; non è in grado di garantire il distanziamento sociale sul piano della mobilità pubblica e non ha una infrastruttura sanitaria pronta a reggere un pericoloso aumento delle terapie intensive. Le affermazioni in diretta di De Luca non hanno fatto altro che accendere la miccia nella polveriera sociale che è la Campania. Altro che
Ma il conto chi lo paga?
Il conto dell’incapacità del governo nazionale e regionale di fornire risposte sociali adeguate, attivando risorse economiche rapide e radicali lo pagherà innanzitutto un Sud Italia già in ginocchio, Campania in primis.
Lo pagheranno le lavoratrici e i lavoratori che senza ammortizzatori sociali universali e il blocco dei licenziamenti andranno ad accrescere la mole della disoccupazione generale in Campania, tra le più alte d’Italia. Considerando che aziende come la Whirlpool hanno annunciato proprio in queste settimane la chiusura, la reazione sociale sarà inevitabile.
Lo pagheranno le donne, soprattutto quelle che non riusciranno ad attivare lo smartworking e dovranno prendersi cura dei figli che non potranno andare a scuola e dovranno dividersi tra il lavoro di cura domestico e il lavoro ordinario (probabilmente precario o comunque sottopagato rispetto agli uomini). Lo pagheranno perchè non sono state previste politiche di welfare adeguate di supporto alla genitorialità.
Lo pagheranno le studentesse e gli studenti che non potranno accedere al diritto allo studio di qualità, in una Regione in cui il Digital Divide è ancora altissimo, in un Paese in cui la Dad continua ad essere solo un lontano ricordo della scuola in presenza, in cui l’Università è un percorso incompiuto per migliaia di persone all’anno che abbandonano gli studi per i costi elevati. Ne soffrirà la Campania che già conta il più alto tasso di dispersione scolastica e universitaria italiano. L’educazione è un processo che si realizza nella relazione. Preservare i luoghi in cui questa relazione avviene e che permettono apprendimenti significativi è dovere delle istituzioni. Invece De Luca ha dato solo segnali schizofrenici: chiudendo ed aprendo a seconda dell’inizio e della fine della tornata elettorale.
Lo pagherà il mondo della cultura che per l’ennesima volta deve pagare il prezzo ingiusto ed inevitabile delle limitazioni. Le lavoratrici e i lavoratori dello spettacolo sono in ginocchio e molti non hanno avuto accesso alle misure necessarie di ristoro promesse dal governo. Non è possibile accettare l’idea che la cultura e l’istruzione siano i primi settori da sacrificare. Il rischio è che teatri, cinema e luoghi di produzione culturale che hanno costruito anche regole precise di distanziamento non riaprano più dopo questa pandemia.
Lo pagheranno i piccoli commercianti, i ristoranti e i locali senza aiuti che si trovano di fronte ad un ennesimo lockdown proprio ora che erano riusciti a riaprire le serrande; lo pagheranno i circoli culturali e ricreativi che rischieranno di chiudere definitivamente nonostante siano il lavoro fatto da tanti per garantire i protocolli di sicurezza indicati dal governo nazionale.
Lo pagheranno le donne e gli uomini che ogni mese devono pagare un affitto di casa e non sanno come fare. Senza un blocco degli affitti e degli sfratti migliaia di persone rischiano di restare senza una casa.
Lo pagheranno i precari e le precarie ancora più sottopagate. Il dibattito stucchevole sui furbetti che hanno rubato il reddito di cittadinanza ha impedito di allargare quella misura su più vasta scala per dare gli strumenti economici per reagire dentro questa pandemia a una condizione sempre più di indigenza.
“Fai un’inversione ad U”
L’urgenza dentro questa emergenza è aprire assieme allora uno spazio per la riflessione e la presa di parola e ci permettiamo come varie realtà sociali e politiche della Campania di metterne in evidenza alcune, come possibili coordinate per muoversi in questo nuovo mondo pandemico e post-pandemico:
- Serve subito una programmazione socio-economica in grado di rispondere ai bisogni materiali delle persone e delle attività economiche, indipendentemente dal lockdown.. Va garantito un reddito di base per tutt*; vanno bloccati affitti ed utenze, potenziati i trasporti pubblici, va ripubblicizzata la sanità rendendola di nuovo gratuita e capillare. Per finanziare queste misure è necessario un trasferimento di risorse dalla parte alta della società (insomma, i milionari e le multinazionali che durante questa crisi hanno visto aumentare i loro profitti) verso quella bassa: si dovrebbero tassare del 3% i circa 400 mila patrimoni personali sopra il milione di euro per finanziare gli aiuti di cui la popolazione ha bisogno.
- Ci sono pochi dubbi: in questo momento la diffusione del virus è fuori controllo, i feedback che arrivano dagli ospedali e il contagio esponenziale ci portano necessariamente ad un nuovo lockdown: la salute e la vita devono essere al primo posto. Tuttavia le chiusure senza una preventiva risposta socio-economica rappresentano una dichiarazione di guerra sociale. Proprio per questo serve un piano di sviluppo che imponga alle industrie di non licenziare, di garantire salari e diritti e di riconvertire la propria produzione verso una transizione ecologica: un Green New Deal, ovvero investire risorse pubbliche per creare lavoro al fine di sostenere una più complessiva riconversione ecologica della società. Serve inoltre investire su uno sviluppo cooperativo e innovativo per i giovani a partire dalla rigenerazione del patrimonio pubblico dismesso, dei beni confiscati alle mafie, del patrimonio artistico-culturale e di quello post industriale. Si possono sviluppare decine di migliaia di posti di lavoro pianificando un massiccio piano di riutilizzo sociale dei beni comuni per i giovani campani.
- Un nuovo necessario lockdown deve essere la base per ripensare la società in cui vogliamo vivere. Crediamo non si possa scappare dalla necessità di una costruzione – fosse anche lenta -, di reti di organizzazioni sociali, politiche e di movimento che si pongano la sfida della contesa del governo e del potere di trasformare i nostri territori. Nuovi soggetti organizzati in grado di promuovere la partecipazione dal basso, dai nodi urbani e dai quartieri in attesa di rigenerazione, dalle attività di recupero dei beni confiscati, dalle categorie lavorative più precarie, dalle imprese innovative, dal terzo settore del welfare generativo e delle pratiche di cura, di mutualismo e di comunità. Un nuovo orizzonte di protagonismo politico in grado di sfidare faccia a faccia il potere costituito, anche a partire dalle prossime amministrative, contendendogli la costruzione di un nuovo futuro.
È il momento di riaprire un dibattito pubblico su come costruire dal basso un racconto diverso da quello che abbiamo visto in campagna elettorale. Non è quello, raccontato da De Luca, l’unico modo di uscire da questa crisi, l’unico modo di governare il potere, le risorse e la democrazia. Vogliamo riprendere un cammino di ricerca, di costruzione necessaria di relazioni, legami tra esperienze diverse, ma connesse dalla necessità di cambiare direzione radicalmente. È possibile riconfigurare le politiche sociali e sanitarie in Campania; è possibile ripensare lo sviluppo dei territori e i posti di lavoro; possibile bonificare e mettere in sicurezza i luoghi che abitiamo; è possibile aprire una nuova stagione di ri-generazione delle nostre città come luoghi di incontro, decisione, relazione, mutualismo, cooperazione. Sogniamo una Campania in cui le energie e le intelligenze dei giovani vengano finalmente valorizzate e messe al centro di un progetto di riscatto a disposizione di tutto il Mezzogiorno. Pertanto, abbiamo intenzione di proporre una discussione pubblica ed aperta il 31 ottobre alle 17.00 su zoom per confrontarci insieme e costruire proposte alternative a scala regionale per combattere la crisi.
Se sei d’accordo con noi firma questo documento e scrivici a: campaniasulatesta@gmail.com
Promotori:
App – Avellino Prende Parte
Sardine d’Irpinia
Laboratorio Sociale Millepiani – Caserta
Comitato per Villa Giaquinto – Caserta
Pozzuoli Ora
Marea – Salerno
Officina Omnibus – Cava de’ Tirreni
CortoCircuito – Scafati
Spazio 911 – Teano
L@p Asilo 31 – Benevento
MGA Sindacato nazionale Forense