La politica è azione collettiva!

Il documento politico di UP approvato dopo l'assemblea nazionale del 20 e 21 novembre a Roma.

CHI SIAMO: UN’ORGANIZZAZIONE POLITICA

Siamo persone di ogni genere ed età, lavoratrici e lavoratori, studentesse e studenti, persone che per la propria condizione sociale e generazionale continuano a pagare caro il prezzo della crisi, degli anni di austerità, della precarietà, dello smantellamento dei servizi pubblici, del razzismo sistemico, dell’omolesbobitransfobia dilagante, delle diseguaglianze insopportabili, dell’assenza di opportunità e prospettive. 

Siamo  quelli in cerca di lavoro e stabilità, del contratto in scadenza e dell’affitto alle stelle, quelle del lavoro autonomo tra sfruttamento e lotta quotidiana per la sopravvivenza, quelli che non avranno mai una casa né una pensione, quelle con l’emigrazione come tentazione costante e l’emergenza climatica come incubo ricorrente.

Questa condizione, che ha segnato l’ingresso nella vita pubblica di molti e molte di noi presentandosi come una normalità senza tempo, è stata scossa violentemente nell’ultimo biennio da un evento imprevedibile come la diffusione di una pandemia che ha reso ancor più evidente l’iniquità e l’insostenibilità dello stato di cose presenti.

Siamo persone che ogni giorno scelgono, in maniera diversa, di impegnarsi collettivamente. Nonostante l’assenza ormai strutturale di organizzazioni politiche credibili, non ci arrendiamo al cinismo e alla rassegnazione e continuiamo a impegnarci  in diversi ambiti, dall’associazionismo ai movimenti, dal sindacato agli spazi sociali e culturali, dalla battaglia delle idee alla solidarietà concreta e materiale. Insieme facciamo politica, insieme ci attiviamo. 

Ogni giorno, insieme a tanti altri e tante altre, diamo vita a una miriade di iniziative: ci organizziamo sul posto di lavoro, mettiamo in piedi liste civiche nelle nostre città, diamo battaglia nelle istituzioni in cui conquistiamo spazio, animiamo spazi e circoli di attività sociali e culturali, riempiamo di suoni e voci aree altrimenti abbandonate, scendiamo in piazza. Fin dai primi giorni della pandemia abbiamo attivato o preso parte a tante attività mutualistiche e solidali, distribuendo cibo e spesa a migliaia di famiglie, organizzando sportelli di tutela sindacale e di supporto psicologico, saldando con pratiche solidaristiche un legame sociale messo a dura prova da un trentennio di politiche egoistiche. In tanti modi, ogni giorno, stiamo con i deboli, contro i più forti, dalla parte del lavoro contro il capitale, dalla parte dell’umanità contro il razzismo, della salute contro i profitti.

Questo impegno quotidiano, però, non ci basta. Ci scontriamo ogni giorno con il rischio che ciò che facciamo venga spoliticizzato, anestetizzato, strumentalizzato o cooptato da vecchie e nuove classi dirigenti incapaci di proporre un’idea forte e credibile di politica e di società che, imparando la lezione della crisi del 2008 e di quella innescata dall’esplosione della pandemia nell’ultimo anno, ci traghettino oltre la palude in cui ci troviamo.

La marea montante della destra in Italia e in tutto l’Occidente sembra aver subito una battuta d’arresto nell’ultimo anno, travolta da un approccio alla pandemia talvolta stupidamente muscolare e talvolta irresponsabilmente negazionista. Ma finché continuano a esistere i fattori sociali che l’hanno determinata, l’ascesa della destra sarà solo ritardata.

L’incertezza sociale, politica e sanitaria, unita alle lacerazione sociali ed economiche frutto di politiche sbagliate accumulate nel passato, non può indurci a facili entusiasmi per lo scampato pericolo, ma deve sollecitarci a chiedere un’inversione di rotta radicale: non è possibile galleggiare, ripetere vecchie formule stantie, sperimentare alchimie elettorali, limitarsi a organizzare una resistenza comunque necessaria. Soprattutto in un tornante della storia così imprevedibile noi crediamo che il nostro destino non sia segnato! Noi vogliamo agire oggi per non rimpiangere questa possibilità domani.

Per questo ci organizziamo e a gennaio 2021 abbiamo dato vita ad UP, il primo passo di un progetto che ha l’aspirazione di giocare con generosità e ambizione collettiva la sfida politica alla disaffezione e al rancore: per fare politica, insieme, tra di noi e con tanti altri e tante altre che incontreremo per strada. Perché vogliamo cambiare questo paese e non vogliamo più delegare a nessuno questo cambiamento. Abbiamo bisogno di organizzarci politicamente, di costruire insieme idee e azioni, di provare, insieme, a cambiare le nostre vite.

DOVE SIAMO: LA POLITICA NEL POST(?) PANDEMIA

Dovevamo uscirne migliori. Non è andata così. Il miglioramento della situazione pandemica dovuto alla campagna vaccinale sembra averci allontanato dall’incubo degli ultimi due anni, ma l’uscita dalla pandemia, in particolare nelle sue conseguenze sociali ed economiche sembra ben lontana. La grande crisi del Covid-19, facendo riemergere un bisogno diffuso di coesione e protezione sociale, sembrava poter scuotere  dalle fondamenta l’egemonia neoliberista e aprire la strada a un’inversione di rotta rispetto al decennio dell’austerità portandoci anche a un ritorno dell’intervento pubblico in economia. Abbiamo assistito alla sospensione della disciplina di bilancio a livello europeo e il Next Generation Eu, ma i risultati per ora sono ben inferiori alle aspettative. A livello europeo non si vedono al momento le condizioni per rinegoziare il patto di stabilità, mentre le riforme strutturali sulla concorrenza, le liberalizzazioni e la pubblica amministrazione mostrano la contropartita. 

Il PNRR varato dal governo Draghi in primavera ha scelto di abdicare a qualsiasi volontà di pianificare realmente le prospettive sociali e il futuro economico del Paese. Manca un’idea di lungo periodo che punti sul  rafforzamento dei sistemi di welfare e su un investimento di qualità in settori pubblici cruciali come la sanità o l’istruzione. Nessuna traccia della redistribuzione della ricchezza tra chi ha tanto e chi ha poco, né della tanto evocata, ma mai concretizzata, transizione ecologica. Sul piano della giustizia climatica, del resto, il ministro Cingolani e il resto dell’esecutivo, dietro la cortina fumogena dei grandi vertici di Milano e Glasgow, sono palesemente schierati dalla parte delle lobby fossili, senza prendere impegni vincolanti per la decarbonizzazione e aprendo all’energia nucleare, tradendo così le aspettative di più di una generazione.

La legge di bilancio in discussione in queste settimane traccia la rotta dell’uscita dalla crisi pandemica in piena continuità con quello che abbiamo visto nel decennio della crisi economica: nessuna risposta sulle future pensioni dei giovani, una riforma fiscale che redistribuisce la ricchezza verso l’alto invece che verso il basso, vincoli più penalizzanti per il reddito di cittadinanza invece di una sua estensione, interventi scarsissimi su sanità, scuola, ricerca, politiche industriali. Serviva un grande piano di assunzioni pubbliche, che mettesse una generazione al lavoro per realizzare la transizione ecologica e digitale, ma niente di tutto questo si è realizzato.

Eppure qualcosa nella società si muove. Si muove nelle piazze, con le mobilitazioni viste negli ultimi due mesi, dai cortei per il clima a Milano alla lotta della Gkn a Firenze, passando per le piazze del Ddl Zan e le manifestazioni in occasione del G20 a Roma. 

Qualcosa si muove anche nelle urne, almeno per quanto ci riguarda. Le elezioni amministrative di ottobre hanno lasciato un sapore agrodolce a chi è impegnato per il cambiamento. Se da una parte la destra è stata sconfitta in gran parte delle città italiane, dall’altra ciò è avvenuto in corrispondenza della più bassa affluenza della storia, e con l’affermazione di candidature la cui credibilità progressista è tutta da dimostrare. La sinistra, in particolare, dentro e fuori dal centrosinistra, esce da questa tornata con le ossa rotte e percentuali molto basse se non insignificanti quasi ovunque. In questo contesto, l’elezione di giovani candidati e candidate, in molti casi aderenti ad UP, in molte città capoluogo, da Roma a Bologna, da Trieste a Caserta, rappresenta un segnale su cui riflettere e di cui come associazione possiamo essere parte, fungendo da collettore di tutte queste realtà che possono trovare in noi quello spazio politico e di discussione nazionale di cui c’è estremo bisogno.

Nel vuoto della politica, si afferma chi ha una credibilità stabilita sul crinale tra storia di militanza e gioventù anagrafica, tra radicalità e pragmatismo, tra sociale e politica. 

Chi riesce a sfidare destra e centrosinistra senza chiudersi nell’identitarismo, e chi sa stare in coalizione con un profilo autonomo e non subalterno. Chi scommette sulla partecipazione democratica delle persone e non sulla sommatoria dei pezzetti. La sfida ora è utilizzare le posizioni conquistate per il cambiamento reale, sfuggendo alla morsa tra omologazione e marginalizzazione e lavorando prima di tutto per costruire, dalle istituzioni, organizzazione dal basso nella società, guardando avanti, anche verso i prossimi appuntamenti elettorali.

I mesi che abbiamo davanti saranno cruciali. L’unanimismo che la crisi pandemica e la costruzione della grande coalizione a sostegno di Mario Draghi avevano generato si sta sgretolando, nel bene e nel male.

C’è bisogno di una grande opposizione sociale, di tornare a riempire le piazze sui temi della giustizia sociale, della conversione ecologica dell’economia, di scuola, sanità, pensioni, diritti. E c’è da sperimentare, nelle città e nei territori, pratiche alternative, dal governo e dall’opposizione, mirate prima di tutto a rimettere il potere nelle mani di cittadini e cittadine. In questo senso, la campagna “Sotto dieci è sfruttamento” dev’essere il nostro strumento d’intervento sociale e politico a ogni livello: nelle piazze della critica al governo e alla manovra, nelle amministrazioni locali, nella costruzione di alleanze sociali e politiche con chi incontreremo sulla nostra strada.

Nel 2020 e nel 2021 abbiamo imparato quanto la politica possa avere un impatto sulla vita (e sulla morte) di milioni di persone.

Dalla politica dipende la possibilità di curarsi, di studiare, di ottenere un salario dignitoso, di avere una casa, di poter scegliere il proprio futuro, di autodeterminarci, di essere emancipati o sfruttati, liberi o oppressi. I prossimi anni dovranno essere dedicati alla riconquista della lotta politica come strumento di cambiamento e liberazione, individuale e soprattutto collettivo, per rompere la solitudine e spazzare via la melassa che ci impedisce di ottenere il cambiamento di cui abbiamo bisogno.

COSA PROPONIAMO: A COSA SERVE UP

Quest’anno ricorrono due anniversari di peso, nelle vicende politiche legate alla battaglia per il cambiamento nel nostro paese: il ventennale del 2001, con il G8 di Genova nell’Italia del berlusconismo imperante, e il decennale del 2011, con il referendum sull’acqua, i sindaci arancioni, il movimento contro l’austerità, infrantisi contro il muro della crisi dello spread e della staffetta Berlusconi-Monti. Due occasioni di cambiamento mancate, due passaggi di grande mobilitazione sociale incapaci di rompere la barriera che rende la rappresentanza politica assolutamente impermeabile a ciò che si muove nella società. L’ultimo decennio, quello tra la crisi finanziaria e la pandemia, è stato un periodo di grande innovazione politica in molti paesi d’Europa, spesso a sinistra. In Italia, quell’innovazione è stata incarnata dal Movimento Cinque Stelle, che è poi finito a governare con la destra, con il centrosinistra e adesso anche con la tecnocrazia.

La sinistra politica, nel frattempo, è stata frammentata e dispersa, subalterna e afona, priva della massa critica per incidere in maniera significativa. Vivere in un paese senza sinistra è un paradosso, in un’Italia attraversata da mobilitazioni come quella per la giustizia climatica e quella femminista e in cui tuttora il livello di vitalità di spazi, cultura, associazionismo legati a valori progressisti è altissimo. Il ripetersi rituale delle aggregazioni elettorali, o delle liste di scopo legate a questa o quella personalità, pur ben intenzionato, non risolve il nostro problema perché non ci dà quello di cui abbiamo bisogno: serve l’organizzazione politica, serve che una parte di società si dia corpi e strumenti di azione per cambiare i rapporti di forza. 

La politica senza organizzazione democratica è pura rappresentanza individuale, pura delega, puro affidamento di consenso a una persona o una cerchia ristretta. Non è così che si cambiano le cose. Le cose si cambiano solo se le persone si riuniscono e decidono di mettere in comune una parte della propria vita, delle proprie idee, delle proprie energie.

Ed è da qui che abbiamo deciso di ripartire: dall’organizzazione politica. Non ne possiamo più di stare ad aspettare il Pablo Iglesias o il Jeremy Corbyn italiani, che consegnino alla nostra parte di società il grande soggetto politico generale in cui dispiegare i nostri progetti di cambiamento. Partiamo dal basso e costruiamo un’organizzazione politica, sapendo bene che da sola non risolve tutto, che si dovrà lavorare insieme ad altri gruppi, fare rete, costruire coalizioni e percorsi comuni a tante e tanti. 

Ma intanto costruendo UP diamo la possibilità a noi stessi e a tanti altri e tante altre di impegnarsi insieme, di discutere, e di fare politica. Di incontrarci, aggregarci, conoscerci, attivarci. E di farlo non in un’oscura riunione tra invitati o in un teatro riunito ad applaudire il leader, ma in un’organizzazione democratica animata, guidata e orientata da tutte le persone che decideranno di farvi parte. Il nostro è uno strumento semplice: un’associazione. 

Uno spazio aperto in cui discutere pubblicamente la nostra politica, in cui elaborare idee, contenuti, iniziativa e strategie, in cui organizzare la nostra azione nei suoi vari ambiti (dalle esperienze elettorali a livello locale ai vari fronti di movimento in cui siamo impegnati, fino al lavoro sociale, culturale e mutualistico nei territori), in cui incontrare tanti altri e tante altre nel confronto pubblico e nella comune militanza, uno spazio organizzato che ci consenta di mobilitarci ed attivarci. 

C’è una nuova teoria della pratica politica da costruire, attingendo a quel patrimonio di lotte e organizzazione che tengono insieme la nostra parte. Non replicando schemi, non federando esperienze, ma spostando lo spettro di azione nello spazio politico, per tentare di vincere e non semplicemente di partecipare. Per essere piattaforma avanzata di attivazione c’è da reinventare nuovi modelli organizzativi e di riproporne di antichi, ma efficaci.

Non ci sentiamo orfani, ma naufraghi sì. Camminiamo sulle macerie di un secolo di sinistra, ognuno fa del proprio meglio per non farsi trascinare dalla corrente, ma senza uno scafo che inizi a raccoglierci, il rischio di andare alla deriva è forte.

Com’è forte il rischio di abituarci alla politica delle individualità e delle personalità, in cui ciascuno e ciascuna di noi è soddisfatto dal raccogliere like sui social e inviti a webinar e crede che il cambiamento possa arrivare attraverso la costruzione di piccole notorietà individuali. In cui il nostro bisogno di partecipazione si esprime attraverso la battuta cinica a ciclo continuo, la riflessione teorica fine a se stessa perché scollegata da qualsiasi processo reale, la lamentela continua che non c’è un’organizzazione collettiva in grado di rispondere ai nostri bisogni e desideri.

Nella società dello spettacolo sempre più dominata da influencer e singoli opinion maker scegliere la strada dell’organizzazione collettiva e del progetto comune, riscoprire spirito gregario e lavoro di squadra è fondamentale.

Per questo abbiamo scelto di costruire un’associazione aperta e plurale, basata sull’iscrizione e sulla partecipazione individuale, con un forte protagonismo di gruppi tematici intorno ai quali strutturare l’iniziativa collettiva. Fin da subito abbiamo ragionato insieme per far sì che i nostri luoghi siano inclusivi per tutte e tutti, per praticare e garantire una vera parità di genere, che non resti solo sulla carta ma che diventi davvero elemento costitutivo dell’organizzazione e di un modo di fare politica, anche a partire dai diversi ritmi e tempi di vita. Anche per questo abbiamo costituito il gruppo di cura, innovazione dal punto di vista delle prassi organizzative che si occupa di prestare attenzione a tutti questi aspetti ma soprattutto di contattare e coinvolgere i nuovi iscritti e iscritte e rendere l’attivazione all’interno dei vari luoghi dell’associazione semplice e a portata di tutti e tutte.

COSA FACCIAMO

La campagna “Sotto dieci è sfruttamento” 

Abbiamo scelto di darci come priorità per il 2021/22 una campagna nazionale sul salario minimo e il reddito di cittadinanza. Lo abbiamo fatto perché i salari nel nostro paese sono troppo bassi, sia rispetto al resto d’Europa sia rispetto ai decenni passati, abbiamo scelto di attivarci perché abbiamo bisogno di un welfare che ci tuteli da ricatti e liberi davvero dalla povertà.

Salari bassi significa impossibilità di costruirsi una vita libera dal ricatto economico, salari da fame oggi vuol dire pensioni da fame domani. Questa condizione di ristrettezza spesso si combina con contratti di lavoro che non garantiscono tutele e stabilità, costringendo molti a periodi di inattività in cui non hanno alcuna retribuzione. Per questo motivo abbiamo bisogno di un intervento legislativo, che, senza indebolire la contrattazione collettiva, fornisca una base minima da cui essa debba partire: da questo la necessità di richiedere una salario minimo nazionale, per questo diciamo a gran voce #SottoDiecièSfruttamento. 

Il salario minimo legale, previsto in quasi tutta Europa e suggerito anche dal Parlamento europeo, non è assolutamente rivoluzionario, ma la battaglia per ottenerlo può essere il piano capace di spostare l’asse della discussione pubblica dai falsi problemi di cui è farcita la propaganda quotidiana, facendo tornare la vita vera e difficile di milioni di persone al centro del dibattito, per ricostruire un nesso tra battaglia politica e realtà quotidiana. 

Sicuramente l’introduzione del salario minimo permetterebbe un innalzamento delle condizioni di vita di milioni di persone e arginerebbe la pericolosa corsa al ribasso sul costo del lavoro che ha caratterizzato la nostra economia negli ultimi decenni.  Il salario minimo diventa quindi uno strumento in più per la contrattazione. 

Perché sia davvero efficace però abbiamo bisogno di un altro strumento, volto a permettere al singolo di rifiutare un lavoro sottopagato: il reddito di cittadinanza. Quello attuale è stato attaccato proprio perché accusato di disincentivare la ricerca del lavoro e l’occupazione. Noi ribadiamo con forza che l’unica cosa che un reddito  disincentiva è lo sfruttamento. Rappresentando un argine alla povertà più estrema, va liberato da vincoli penalizzanti, che invece il governo vorrebbe aggravare. Non solo: deve essere esteso, sia in termini di ammontare che di platea raggiunta, per essere in grado di sopperire alla discontinuità di reddito dovuta ad un mondo del lavoro frammentato e per costituire una possibilità di uscita dal ricatto lavorativo. 

Ci batteremo per un vero reddito di cittadinanza, diverso dallo strumento di ricatto del governo Draghi e migliore di quello con mille limiti di Di Maio. 

UP ha scelto con grande entusiasmo di dedicare la propria attività ad una campagna che avesse come centro queste due proposte: salario minimo a 10 euro lordi ed estensione del reddito di cittadinanza. Questa scelta, che è stata indicata come prioritaria da quasi tutte le persone iscritte, è spiegata anche dal fatto che la condizione di incertezza e ricattabilità colpisce materialmente la maggior parte delle persone che si attivano all’interno della nostra rete.

La campagna è stata lanciata il 10 ottobre. Il 10 di ogni mese invitiamo tutte le persone – iscritte e non – che ne condividono gli obiettivi a mobilitarsi con noi, volantinando, organizzando iniziative e dibattiti, partecipando a mobilitazioni, per ribadire che lavorare per meno di 10 euro l’ora è sfruttamento.

L’obiettivo di questa fase della campagna è permettere a molte persone di identificarsi in una condizione di sfruttamento, di uscire dalla solitudine  e di promuovere un movimento di opinione che veda nel salario minimo e nel reddito due strumenti di civiltà non più rimandabili. Riportare questi temi nell’agenda pubblica è però solo il primo passo: vogliamo che questo dibattito si concretizzi in una azione legislativa concreta. 

Per questo siamo disponibili sin da subito per costruire una coalizione ampia al fine di realizzare una proposta di legge di iniziativa popolare, con tutte le realtà politiche e sociali che hanno come centro della loro vocazione la lotta alle disuguaglianze. Continueremo a impegnarci mese dopo mese per sensibilizzare migliaia di persone e diventare ogni giorno più forti, e al contempo vogliamo co-promuovere un percorso utile al raggiungimento dell’obiettivo concreto.
Sarà un percorso non breve, ma esaltante.

La campagna #SottoDiecièSfruttamento deve vivere sui territori, giorno dopo giorno e in particolare il 10 di ogni mese coinvolgendo sempre più persone da nord a sud.

Una ecologia popolare come metodo

Immaginiamo l’ecologia come metodo fondante dell’azione della nostra organizzazione: questo ci permette di inquadrare le nostre battaglie in uno scenario sempre ampio e di intrecciare i ragionamenti che facciamo sulla crisi climatica a quelli relativi al mercato del lavoro, nell’ottica più ampia della giustizia sociale e climatica. Dobbiamo costruire un’ecologia popolare, che non resti solo nei centri delle nostre città ma che sia comprensibile e praticabile per tutte e tutti, eliminando il concetto di colpa individuale e parlando chiaramente di riconversione e costruzione di un nuovo modello di sviluppo, dai Mapa alla questione vaccinale (in Europa si sta già somministrando la terza dose mentre ci sono Paesi che hanno percentuali bassissime di vaccinati), alternativo a quello attuale, basato su consumi sfrenati e diseguaglianze, che coinvolge tutto il nostro mondo. 

È necessario denunciare con più forza le politiche energetiche climalteranti e proporre un nuovo modello energetico, a partire dalle comunità energetiche e dal governo dei territori. Ragionare su come si ricostruire il mondo alla luce dei cambiamenti climatici, ripensando le città con l’obiettivo di ridurre le emissioni e di adattare le nostre comunità alle conseguenze già in atto del riscaldamento globale, è per noi prioritario. Non dimentichiamo inoltre che in Italia sono molti i siti inquinati, in cui l’ambiente e le persone pagano le conseguenze di uno sviluppo industriale irresponsabile. Vogliamo costruire una forte rivendicazioni per la bonifica di questi territori, provando a essere di supporto e servizio a queste comunità e portando avanti un piano di rivendicazione generale che ponga la questione ambientale e la questione sanitaria che ne deriva come punto all’ordine del giorno dell’agenda pubblica.

Costruire organizzazione e mettere al centro la cura

Per raggiungere gli obiettivi di un’agenda così densa dobbiamo innanzitutto partire dai nostri territori, cominciare a costruire organizzazione e allargarci, per avere un’associazione solida sia in termini di forze che in termini economici. Ripartire dalle nostre città dunque dove già qualcosa stiamo costruendo, dove tante liste civiche e realtà territoriali che hanno ottenuto ottimi risultati alle scorse elezioni amministrative hanno trovato in UP quel luogo di discussione e di confronto che mancava a tutte e tutti. UP può essere lievito di un ragionamento politico su ampia scala, che non viva di scadenze elettorali ma non ne abbia paura. Dalle città inoltre è necessario ripartire anche costruendo spazi fisici, spazi sociali in cui tutti e tutte possano riconoscersi, perchè è impensabile ad oggi immaginare una politica che non viva anche di un piano sociale.

Vogliamo costruire un’associazione che sia sostenibile e accessibile per tutti e tutte, non solo dal punto di vista economico e di partecipazione, ma che abbia anche un linguaggio accessibile, modalità di partecipazione e di comunicazione all’esterno che cambino i paradigmi di tutto ciò che abbiamo visto finora e che non ha funzionato. Immaginare un linguaggio comune che sia comprensibile da tutti e tutte e un’organizzazione che risponda ai bisogni dei molti, lontana dall’ottica del leaderismo e della performance. Uno spazio aperto da costruire insieme, che rifiuti dinamiche muscolari e mette al centro la cura reciproca.

Per portare avanti queste battaglie UP dovrà crescere ogni giorno di più, ampliando il numero delle persone aderenti, ma soprattutto coinvolgendo sempre di più tutte e tutti in un percorso di partecipazione e impegno collettivo. 

Al momento sono attivi cinque gruppi tematici. Altri si attiveranno gradualmente in modo da non costituire spazi di partecipazione che non siano realmente operativi e sostenibili per l’organizzazione.

– Lavoro, diritti e welfare

– Scuola, università e ricerca

– Crisi ecologica e modelli alternativi di sviluppo 

– Mutualismo e pratiche solidali 

– Città, reti civiche e rappresentanza nelle istituzioni

Il coordinamento dei lavori a livello nazionale è affidato ai membri del Coordinamento Nazionale eletto a giugno 2021 e composto da:

Raffaella Casciello (portavoce), Serena Vitucci (portavoce), Paolo Brugnara, Stefano Kenji Iannillo, Gabriele Caforio, Michele Filippini, Claudio Riccio, Alessandra Ricupero, Giuseppe Montalbano, Anita Marafioti, Rita Cantalino, Francesco Santimone, Danilo Lampis, Francesca De Rosa, Simone Fana, Lorenzo Zamponi, Alessandra Di Bartolomeo, Caterina Chiocchetta

C’è da organizzare la resistenza, metro per metro, c’è l’urgenza di inventare e praticare forme di mobilitazioni compatibili con una pandemia da contenere in attesa di poter tornare a frequentare le piazze sempre più spesso e sempre più in tanti; c’è da fare la battaglia delle idee e quella per il pane, c’è da costruire un’alternativa politica all’altezza. 

La politica è organizzazione collettiva, attiviamoci insieme.

UNISCITI A NOI, ISCRIVITI.

Questo documento raccoglie le idee e riflessioni emerse nella due giorni di confronto nell’assemblea nazionale di UP che si è svolta a Roma il 20/21 novembre cui hanno partecipato 150 persone da tutt’Italia. È l’evoluzione del documento politico votato dall’assemblea generale del 30 giugno 2021.

01

Uno spazio aperto

Chiunque condivida le idee e gli obiettivi di UP può iscriversi e partecipare attivamente

01

Pensiamo insieme

Serve un'idea nuova del mondo, per cambiarlo radicalmente: UP è un cervello collettivo.

02

Percorsi di formazione

Condividiamo conoscenza, studiamo insieme il mondo in cui viviamo e progettiamo soluzioni per cambiarlo.

02

Campagne e mobilitazioni

Mobilitiamoci online e nelle piazze, facciamo pressione sui decisori politici, otteniamo cambiamenti concreti. Insieme.

03

Rete nelle istituzioni

Mettiamo in rete consiglieri e amministratori locali, esperienze civiche e politiche sui territori, condividiamo buone pratiche e idee.

03

Mutualismo: organizziamoci

Coordiniamo le attività di mutualismo e solidarietà attiva in tutta Italia