scuola e diseguaglianze

La geografia è destino? Più del 50% di chi si laurea proviene da una classe sociale agiata-elevata.

Da dove vengono l3 student3 di una sede universitaria? Il quesito nasce  da un’esperienza personale che ci ha portato a collaborare con diversi licei classici e scientifici della Capitale. Ciò che ci ha colpito è stato ritrovarsi davanti a realtà completamente diverse tra loro. Da una parte, varcando la soglia del liceo Tasso, quellз che si avevano davanti erano ragazzз consapevoli non solo delle loro scelte riguardo l’università ma anche dei loro progetti lavorativi futuri. Dall’altra, invece, in una scuola di Spinaceto (periferia sud) come il Majorana, la situazione era completamente diversa: qui non solo la maggior parte dellз studentз non consideravano affatto una prospettiva universitaria, ma chi ne tenesse conto non aveva nessun tipo di strumento o aiuto da parte delle istituzioni e della famiglia per poter accedere facilmente a un’istruzione di alto livello. Moltз di loro lavoravano già senza avere troppe prospettive per il futuro pensando a come avrebbero vissuto giorno per giorno una volta uscitз dalle superiori. 

Davanti a questo quadro ci siamo chieste se ci fosse una relazione tra la provenienza dellз studentз e l’accesso al mondo universitario. Certamente due scuole non bastano per fare una statistica, ma supportandoci con i dati nazionali presi da Almalaurea, forse, non è così assurdo pensare a una forte correlazione tra estrazione economica/zona abitativa e accesso universitario.

Secondo i dati Almalaurea del 2020, in media, più del 50% dellз laureatз nelle università italiane proviene da una classe sociale agiata-elevata (per chiarire cosa si intende per classe sociale-agiata cfr. figura 1 e 2). In particolare, stupisce il dato che riguarda lз studentз di medicina: il 70% di loro dichiara di provenire da una famiglia benestante. Quindi possiamo dire che sì, l’accesso all’università è maggiormente caratterizzato da persone appartenenti a una classe sociale medio-alta.

Parallelamente al dato socio-economico, si può essere generalmente d’accordo sul fatto che nelle grandi città la popolazione meno agiata si distribuisca nelle zone periferiche rispetto a quelle centrali, in cui troviamo, tendenzialmente, nuclei familiari appartenenti alle classi più alte, in termini economici (figura 3) e culturali. Inoltre, va segnalato che in città come Roma le persone si iscrivono agli istituti superiori vicino a dove abitano per almeno due motivi: il primo è certamente la comodità della vicinanza, la quale salva da odissee di mezzi pubblici, mentre il secondo va al di là della scelta personale poiché numerosi licei centrali della Capitale impongono come prerequisito d’iscrizione la residenza entro il municipio stesso della sede scolastica (dalla nascita!). D’altra parte, non è forse un caso che i licei romani apparentemente più prestigiosi si trovino nelle zone centrali (non si parla degli istituti tecnici e professionali poiché stando alla ricerca di Almalaurea lз studentз che provengono da queste scuole sono meno del 20% degli iscritti universitari, e anche su questo ci sarebbe molto da dire così come si dovrebbe parlare di come vengono scelti i criteri di valutazione per stilare le classifiche dei “migliori” licei).

Leggendo questi dati emerge che ci sia realmente una relazione tra l’estrazione sociale e l’origine urbana dellз iscrittз. Allora, se questo ragionamento regge e il rapporto tra la geografia e il destino non viene smentito, è giusto porsi un’altra domanda: in che modo è possibile appianare il divario che intercorre tra queste due realtà apparentemente così vicine, ma in realtà lontane chissà quante fermate di autobus?

La risposta è semplice: investire sulle scuole che si trovano in maggiori difficoltà in modo tale da permettere la costruzione di un ambiente culturale e sociale attraverso attività extrascolastiche accessibili a tuttз come progetti di arte, cinema, teatro, musica, laboratori linguistici e vacanze scolastiche, ossia tutte quelle che unǝ qualsiasi studentǝ di classe agiata può permettersi al di là dell’opportunità che la scuola potrebbe offrire. 

Tutto ciò per far sì che le disuguaglianze geo-socio-economiche non condizionino a priori le scelte di vita di persone che, in virtù di queste, possono progettare il loro futuro. Si tratta di dare a tuttз, indiscriminatamente, la possibilità di diventare quello che possono e vogliono essere.

Benedetta e Cecilia – Gruppo scuola, università e ricerca UP 

Linguaggio Inclusivo – come, dove, quando e perché.

L’italiano è una lingua che declina per genere pronomi, articoli, sostantivi, aggettivi e participi passati, è appunto una lingua flessiva. Tale caratteristica rende difficile parlare in modo neutro del genere di un soggetto causando così atti discriminatori verso le persone non-binarie e intersex, ossia verso chiunque non si riconosca a livello biologico e/o identitario nel binarismo maschile-femminile. Per supplire alla mancanza del genere neutro nella lingua italiana oggi si cerca di adottare un linguaggio inclusivo, il quale, non essendosi consolidato in regole e formule per così dire nette e fisse, lascia a chi scrive la possibilità di esprimersi utilizzando diverse soluzioni, come ad esempio l’asterisco (Car* tutt*), o le circonlocuzioni (Care persone qui riunite), o la “u” (Caru tuttu) e molte altre. In questo articolo si è scelto di utilizzare la schwa “ǝ”, o scivà, per il singolare (es. lǝ studentǝ) e la schwa lunga “з” per il plurale (tuttз lз studentз). 

Per ulteriori informazioni e approfondimenti si rimanda a: https://italianoinclusivo.it/.