mario draghi presidente

Tra draghi e altri mostri: è tempo di attivarci

Documento collettivo dell’assemblea generale delle iscritte e degli iscritti di UP

Veniamo da un anno drammatico e duro. Drammatico in termini generali, con oltre 2 milioni di vittime per Covid-19 nel mondo e oltre 90 mila solo in Italia, e duro nella vita di ognuno e ognuna di noi: dall’impatto economico della pandemia a quello psicologico, dalle sofferenze per il dolore proprio e altrui all’impossibilità di vivere pienamente relazioni e socialità. Come spesso accade nei momenti di crisi, anche la pandemia ha fatto da acceleratore temporale, rendendo ancora più evidenti molte delle contraddizioni della nostra società, aumentando le disuguaglianze, facendoci sentire ancora più del solito isolati e diffidenti gli uni verso le altre. 

Dietro la retorica della battaglia comune contro il nemico invisibile, differenze e conflitti sono diventati ancora meno visibili, e ancora più difficili da affrontare attraverso l’organizzazione e mobilitazione collettiva. 

La scomparsa della politica è stata resa ancora più evidente dalla crisi di governo di queste settimane. Il governo Conte II era tutt’altro che perfetto, e non mancavano i motivi per metterlo in discussione e dare battaglia: dalla critica a una gestione della seconda ondata più attenta ai bisogni di Confindustria che a quelli delle persone, alle tante scelte fatte a metà e delle occasioni perse, dalla scuola alla sanità agli ammortizzatori sociali. Ma è stato fatto cadere con una manovra  da destra, per lasciare spazio a un governo guidato dall’ex presidente della Bce Mario Draghi,  già osannato da tutti i media come la soluzione a tutti i mali, nonostante la presenza nella maggioranza e nel governo di forze politiche come la Lega e Forza Italia e di personaggi come Giorgetti, Brunetta e Gelmini.

Anche la lettura secondo cui ciò che non va di questo governo dipenderebbe dai partiti, mentre l’alto profilo sarebbe garantito dai “tecnici” non ci convince: non c’è tecnica pura, in politica, e gli atti di questo governo andranno misurati politicamente. C’è un dato che fa pensare: il commissariamento della politica non è arrivato sui 20 mila morti che abbiamo avuto, ma sui 209 miliardi che abbiamo da spendere.

Sulla figura di Mario Draghi, ognuno proietta ciò che vuole, sfruttando le tante pieghe della sua lunga carriera: ci si può concentrare sul programma di quantitative easing che a partire dal 2015 ha dato respiro al debito italiano, o sulla lettera del 2011 con cui si imponevano pareggio di bilancio, privatizzazioni e depotenziamento dei contratti collettivi come le misure più urgenti per l’Italia. Ma al di là del giudizio politico su Draghi, il governo sta nascendo nel vuoto assoluto della politica: di tutto si sta discutendo, in questi giorni, tranne che di come affrontare la pandemia, di cosa fare rispetto all’emergenza climatica, di come sta cambiando l’organizzazione del lavoro con lo smart working, dei nostri tempi di vita, delle case che non possiamo permetterci o della pensione che non avremo.

Non è imbarcando Matteo Salvini al governo, o affidandoci in maniera cieca a un salvatore della patria, che cambieremo la nostra vita. Chi, come noi, crede che le soluzioni ai problemi si trovino nell’impegno comune, non può rassegnarsi alla scomparsa della partecipazione politica. Non c’è futuro se non rompiamo la gabbia della solitudine in cui troppo spesso la logica della competizione ci rinchiude. Abbiamo la necessità di riprendere la parola, di organizzarci, di dare battaglia sui temi del presente e del futuro.

Il futuro non è scritto: organizziamoci!

Non esistono “uomini dei miracoli” che con un colpo di spugna risolvono problemi strutturali di un paese tutto da ricostruire. La pandemia, che ha sconvolto le nostre vite, ha squarciato il velo dell’ “andrà tutto bene” mostrando, in tutta la loro forza, le contraddizioni e le disuguaglianze su cui è fondata oggi la nostra Repubblica. Ci ha mostrato ancora più violentemente quanto è facile ritrovarsi senza lavoro da un giorno all’altro.

Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle che non può andare tutto bene  con i salari da fame che guadagnIamo, che il diritto ad abitare in case degne è un lusso per pochi, che l’assenza di politiche di welfare efficienti hanno allontanato troppe donne dal luogo di lavoro, che il diritto alla disconnessione in tempi di smart working è un’utopia. Il velo si è squarciato, e abbiamo visto che la scuola pubblica italiana si regge troppo spesso solo sulla buona volontà di chi ci lavora e su troppe poche mura e spazi. Abbiamo visto che la sanità può andare al collasso, che il personale sanitario non si forma in pochi mesi, che gli ospedali una volta che li chiudi non li riapri più e che per curare tutte le urgenze è necessario fare scelte drammatiche sulla prevenzione e sulle non-urgenze. Elementi che emergono con maggiore forza al Sud, le cui energie e speranze non possono essere ancora disperse. Nessuno salverà il nostro futuro se non la nostra determinazione a organizzarci e mobilitarci.

È arrivato il momento di  far sentire la nostra voce,  che è la voce della maggioranza delle cittadine e dei cittadini di questo Paese. Il recovery plan non può essere scritto e realizzato sulle nostre spalle: intendiamo dare battaglia a partire dalle nostre proposte, raccolte nel Manifesto per la Ricostruzione. Abbiamo un piano di battaglia per ricostruire questo Paese, meglio di come lo abbiamo ereditato. Non vogliamo più vivere in una roccaforte delle disuguaglianze, ma vogliamo determinare un futuro più equo, inclusivo, sostenibile.

Dobbiamo e possiamo farlo organizzandoci, mettendo insieme le nostre intelligenze e le nostre lotte.

Da quando è nata UP abbiamo già avviato due gruppi tematici, per elaborare, discutere, costruire e proporre campagne di organizzazione e attivazione politica su due temi fondamentali: il lavoro e la crisi climatica.

Sul tema del lavoro, siamo partiti da ciò che conosciamo meglio, da ciò che viviamo tutte e tutti sulla nostra pelle con l’intenzione di indagare, elaborare e agire a partire dalle condizioni materiali con cui quotidianamente siamo costretti a fare i conti.  Come prima azione abbiamo voluto, quindi, indagare il tratto tipico del lavoro in pandemia lanciando un’inchiesta sullo smart working. È necessario rilanciare il piano di iniziative di mobilitazione a partire dal nostro Manifesto per la ricostruzione.

Sulla questione ecologica, riteniamo che  la riconversione dell’economia sia un obiettivo politico imprescindibile e non più rimandabile e che essa non passi soltanto dalla realizzazione di nuovi progetti ma debba guardare alle condizioni del nostro Paese. Non ci accontenteremo di chiacchiere sulla transizione ecologica, ma daremo battaglia nel concreto per la cura del nostro territorio. In particolare, pensiamo che questo sia il momento più utile in cui sollevare l’attenzione e destinare risorse alla necessità di bonificare larga parte dei territori, oggetto di contaminazioni accertate, per tutelare il diritto alla salute delle popolazioni. È quindi una priorità della nostra associazione organizzare campagne tematiche mirate, in sinergia con le altre organizzazione ambientaliste. 

Altri due percorsi saranno avviati nelle prossime settimane. 

Sul tema del mutualismo, intendiamo lavorare per mettere in rete molte delle esperienze di solidarietà in cui già molti e molte di noi si impegnano nei territori prendendosi cura di persone e comunità. Non solo per connettere realtà diverse e singoli o creare servizi e progetti comuni, esportare buone pratiche fuori dalle proprie realtà e  contaminare territori in cui ancora le pratiche mutualistiche non sono attive, ma anche per unire le rivendicazioni politiche che emergono occupandosi concretamente dei problemi e delle necessità delle persone

In vista delle elezioni amministrative imminenti in molte città italiane, invece, intendiamo impegnarci nei vari percorsi civici presenti o in costruzione in diverse città, lavorando a livello nazionale, a partire dagli attivisti e attiviste delle reti civiche e dagli amministratori e amministratrici che aderiscono ad UP, per favorire lo scambio di esperienze e l’elaborazione comune di una visione di trasformazione generale che, andando oltre le possibilità di una singola amministrazione, permettano di incidere su problemi difficilmente aggredibili rimanendo nel contesto locale.

C’è ancora tantissimo da fare. Tante campagne da elaborare e realizzare, tanti gruppi tematici da proporre e far funzionare, tanto studio da fare e tante lotte da praticare. 

Siamo appena nati e c’è bisogno di tantissime energie per portare avanti il piano di battaglia condiviso nel Manifesto per la Ricostruzione. Il momento di partire è adesso.

È ora di organizzarci, di mettere il nostro attivismo a servizio di tutta la società. Per questo proponiamo, su proposta del gruppo lavoro, che la prima azione collettiva da portare avanti sia una giornata di mobilitazione contro lo sblocco dei licenziamenti che avverrà il 31 marzo.

Portiamo teste e cuori in piazza in tutte le città in cui siamo, e iniziamo veramente a dare gambe alle nostre proposte.