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Partite IVA: l’ennesima beffa del 2020

È al vaglio del parlamento un emendamento alla legge di Bilancio che affronta il tema della condizione dei lavoratori e delle lavoratrici autonome. Avrete forse letto che c’è chi la propaganda come un vero ammortizzatore sociale per chi lavora con Partita Iva. Non è vero. È una beffa, l’ennesima.

Facciamo chiarezza.

Sarà completamente escluso dal provvedimento chi lavora con Partita Iva ed è iscritto agli Enti di previdenza obbligatoria.

Questo significa che 1,6 milioni di persone (avvocati, psicologhe, giornalisti, architette, veterinari…) pur avendo perso le proprie entrate per la pandemia, non riceveranno alcun sostegno al reddito.

Ancora una volta i diritti di professionisti e professioniste sono stati sacrificati sull’altare degli interessi delle Casse previdenziali di categoria e delle loro consorterie.

L’emendamento Gribaudo (PD) introduce un sistema presentato come  ispirato a quello della Cassa integrazione guadagni e spacciato come una grande conquista per tutte le Partite Iva iscritte alla Gestione Separata. Falso anche questo.

La misura si rivolgerà a una platea ristretta. Nello specifico:

– chi, nell’anno precedente la domanda, ha prodotto un reddito inferiore al 50% della media dei redditi da lavoro autonomo conseguiti nei tre anni precedenti;

– chi avrà dichiarato un reddito non superiore a 8.145 euro;

– chi avrà aperto la partita iva da almeno 4 anni.

È l’ennesima mazzata ai giovani appena entrati nel mondo del lavoro!

Se consideriamo che nel mondo reale sotto i 5.000 euro si lavora come occasionale (a ritenuta), di fatto solo le partite iva con un reddito fra i 5.000 e gli 8.145 euro potranno beneficiare della misura, solo per una volta in 3 anni e con l’obbligo di seguire corsi di formazione.

Tutte le altre persone non solo non vedranno un euro, ma ci rimetteranno anche!

La proposta infatti prevede l’aumento lineare dei contributi dello 0,26% nel 2021 e dello 0,51% per il 2022 e 2023 uguale per tutti e tutte, sia che il lavoratore autonomo o la lavoratrice autonoma dichiari 8.500 euro, sia che ne dichiari 85.000. Migliaia di professioniste e professionisti che guadagnano meno di mille euro al mese saranno spremuti ancora di più. Un provvedimento che calpesta ogni principio minimo di equità!

Bisogna dire a chiare lettere al Governo che lavoratori e lavoratrici autonomi/e di questo Paese pretendono una riforma degli ammortizzatori sociali che sia realmente universale, redistributiva, finanziando le misure di sostegno con un aumento dei contributi per i più ricchi, e che fornisca uno specifico sostegno per i e le giovani iscritti/e alle Casse o alla Gestione Separata, i soggetti più bisognosi di tutele ma paradossalmente dimenticati.