bonus psicologico

Il bonus psicologo o una sanità bene comune?

Al termine del secondo anno di pandemia dovrebbe essere chiaro a chiunque quanto servirebbe un sistema sanitario attento alla salute mentale delle persone.

Servirebbe istituire ovunque lo psicologo di base perché prendersi cura di se stessi non può essere un lusso e un privilegio per pochi.

Invece, l’esclusione del bonus psicologo dall’ultima legge di bilancio ha provocato tante reazioni nel mondo della politica. Ovviamente la soluzione non sarebbero i bonus, ma in un Paese in cui ci sono bonus per qualunque cosa, dal monopattino alle zanzariere, la bocciatura proprio del bonus psicologo, la dice lunga su quanta strada ci sia ancora da fare.

Il deputato dem Filippo Sensi ha lanciato una petizione online su change.org che ha raggiunto quasi 300mila firme in poche settimane affinché venga approvato lo stanziamento di un bonus, equivalente a 50 milioni di euro, per abbassare i costi per gli psicologi ai ceti più ricchi e a quelli meno abbienti. Ma siamo sicuri sia la strada giusta?

Il bisogno di supporto e cure psicologiche

La domanda di cure psicologiche in Italia è relativamente alta, non sempre però le persone che ne avrebbero bisogno arrivano a rivolgersi ad uno specialista.

Circa il 20-25% della popolazione in età superiore ai 18 anni, nel corso di un anno, presenta una condizione di sofferenza psicologica o un disturbo mentale clinicamente significativo, che naturalmente richiedono trattamenti differenziati.

Nel report sulla salute mentale in Italia, pubblicato dall’ISTAT nel 2017 “La salute mentale nelle varie fasi della vita”, si legge che il numero di persone che nel 2015 ha sofferto di disturbi depressivi è stimabile attorno ai 2,8 milioni e che molti casi (circa il 7%) questo disturbo sia associata all’ansia cronica grave. Dallo stesso report si evince che la condizione sociale di appartenenza influenza notevolmente l’incidenza di disturbi mentali, quelli ansioso-depressivi, ad esempio, si associano a condizioni di svantaggio sociale ed economico: rispetto ai coetanei più istruiti, raddoppiano negli adulti con basso livello di istruzione e triplicano (16,6% rispetto a 6,3%) tra gli anziani. Altri studi poi, concentrandosi su specifiche problematiche, individuano un’incidenza di disturbi riconducibili a disturbi di personalità che va dal 4-10% della popolazione (Torgersen, Kringlen & Cramer, 2001).


I costi della terapia

Il costo per una terapia individuale è in media di 60 euro/ora (ad esempio da 40 a 140 da tariffario della regione Campania). Le sedute sono in genere settimanali o al più bisettimanali (portando quindi ad un costo mensile che va dai 120 ai 240/300 euro). La durata della terapia ovviamente è molto variegata, dipende dal tipo di problema che si affronta, e va in genere dai 3/4 mesi ad un anno e più. Appare evidente che il carico economico che bisogna affrontare per accedere privatamente a servizi di cura mentale è piuttosto consistente, non alla portata di tutti. Questa osservazione diventa più forte se si pensa che il disagio psicologico spesso affianca quello sociale e può esserne in parte anche una causa/conseguenza. In ogni caso sicuramente chi vive condizioni sociali più precarie, e quindi è meno in grado di affrontare economicamente la terapia, è anche più esposto al malessere psicologico.


Importanza sociale della cura della salute psicologica

Diversi fenomeni sociali sono collegati a situazioni di malessere psicologico, e questo appare ovvio se si pensa che gli attori dei fenomeni sociali sono gli stessi individui che questo malessere lo subiscono.

In merito alle violenze di genere, ad esempio, è fondamentale intercettare il malessere dei bambini che in maniera più o meno indiretta subiscono questa violenza (violenza assistita). I bambini che assistono a relazioni interpersonali violente tra figure adulte di riferimento, in primis i genitori hanno, infatti, un elevato rischio di diventare in futuro adolescenti o adulti con gravi problemi relazionali, partner violenti o genitori a loro volta abusanti. Non solo assistere alla violenza interpersonale tra adulti, ma anche subire qualsiasi tipo di maltrattamento (fisico, sessuale, psicologico/emozionale, neglect), da parte di un adulto in posizione di fiducia o di autorità nei confronti di un bambino, comporta per quest’ultimo un maggiore rischio di sperimentare successivamente ancora violenza o di perpetuarla a sua volta.

Un ulteriore esempio che può essere fatto è il rapporto tra benessere psicologico e riuscita universitaria. Si prende ad esempio la fondamentale importanza dei centri di Counseling all’interno delle strutture universitarie: riescono in buona parte a cogliere il disagio degli studenti ed a condurli verso dei comportamenti più funzionali ai loro scopi.

Da un articolo pubblicato su “Rivista Italiana di Counseling” (“Giovane, studente, in difficoltà: identikit dell’utente dei centri di counseling universitari” Giulia Savarese, Oreste Fasano, Nadia Pecoraro, Monica Mollo, Luna Carpinelli, Antonio Iannaccone, Centro di Counseling Psicologico “M. Cesaro”, Università di Salerno),  si delinea il profilo dello “studente tipo” nel momento in cui arriva a chiedere aiuto.

Ci si trova di fronte ad uno studente che vive situazioni di particolare difficoltà e sperimenta forme di disagio più o meno gravi, in grado di incidere sul percorso formativo e, più in generale, di vita. Che presenta difficoltà decisionali, tendendo a disperdere energie che non finalizza produttivamente (es. non sapere quali esami programmare e disperdersi in attività parallele non funzionali, oppure programmare l’esecuzione di troppi esami contemporaneamente). 

Studenti che sentono il peso delle aspettative familiari e sociali, sperimentando, sovente, un senso d’impotenza affettiva (paura di non essere riconosciuto ed amato incondizionatamente) e di solitudine. Ragazze e ragazzi che sperimentano vissuti di colpa e timore di non essere “all’altezza della situazione”, che arrivano a mettere in discussione la scelta del corso di studi intrapresa e la propria identità di studente.


Investimento pubblico e sanità pubblica


Un problema enorme, al giorno d’oggi, quello della salute mentale a cui, però, restano solo le briciole e solo per pochi. Nella legge bilancio 2022 e nel decreto sostegni bis vengono stanziati solo 20 milioni di euro di fondi per sostenere personale scolastico, studenti, famiglie ed Enti territoriali della tutela, dagli effetti della pandemia sulla salute psicologica di bambini e adolescenti. Solo 10 milioni, invece, vengono usati per rendere il supporto psicologico più accessibile ai ceti più poveri con patologie oncologiche e bambini.

Guardando l’attuale situazione, però, ci rendiamo conto che non è solo una questione di supporto psicologico, bensì una problematica che va avanti da decenni. Infatti, secondo la fondazione GIMBE, in Italia, dal 2010 al 2019 sono stati sottratti, tra tagli previsti da manovre finanziarie e definanziamenti alla spesa pubblica, all’incirca 37 miliardi di euro. Un dato sconcertante, che dimostra come l’andamento nazionale sia un trend solido, che da anni toglie strumenti e risorse agli ospedali pubblici, molte volte inoltre finanziando al loro posto servizi sanitari privati.

È inconfutabile, vedendo i risultati dovuti alla crisi pandemica, che il benessere psicologico, dovrebbe essere preso attentamente e con cura da parte dello Stato. Non tutti possono permettersi di curarsi allo stesso modo e continuare così significherebbe avere sulla coscienza del nostro stato sociale migliaia di morti. Seppure potrebbe essere un buon inizio il bonus psicologico, il vero punto d’arrivo è quello di avere uno psicologo di base tanto quanto un medico di base.

La salute pubblica e il lavoro di chi la porta avanti devono essere considerati un bene comune, un bene collettivo da difendere e tutelare in quanto tale. Il neoliberismo, invece, passa anche nei settori pubblici, dalle politiche sulle assunzioni (scarse!) a quelle di contenimento della spesa, fino ad una sanità che appalta i servizi o su cui si taglia e si regionalizza in “aziende” sanitarie locali. Una sanità sotto logica di mercato, non di bene essenziale.

Alessandro, Alfonso, Gabriele