Draghi: perché il guardiano della conservazione non deve sedere al Qurinale


Nelle scorse settimane il dibattito pubblico italiano è stato monopolizzato non solo dalla quarta ondata della pandemia, ma anche dall’ormai vicina elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Nel suo ultimo discorso di fine anno Sergio Mattarella si è congedato indicando, secondo molti, alcune caratteristiche che sarebbe opportuno individuare nel nuovo Capo dello Stato. Tra queste, la capacità di essere “super partes”, nonché di coltivare la coesione sociale e istituzionale del Paese assumendo la Costituzione a stella polare del proprio operato.

Non possiamo che essere d’accordo sulla centralità della Costituzione. Ma proprio per questo pensiamo sia necessario riaffermare che attuare la Carta significa fare di tutto per costruire e proteggere uguaglianza, giustizia e partecipazione. Il sale della democrazia, del resto, è dare alla gente le occasioni e gli strumenti per discutere e realizzare insieme, a partire da posizioni anche molto diverse, il futuro di tutti e di ciascuno.

Insomma: un Capo dello Stato adeguato al XXI secolo dovrebbe essere anzitutto custode e garante di tale vitalità sociale e politica. Ed è per queste ragioni che ci siamo convinti che Mario Draghi non può essere il prossimo inquilino del Quirinale.

Chiariamoci: la candidatura di Silvio Berlusconi è impresentabile per molte ragioni, e ci sembra assurdo che le organizzazioni politiche ritengano di doverne davvero discutere. Semmai, tutto questo trambusto mediatico su figure non adeguate al ruolo di Capo dello Stato (Berlusconi stesso, Letizia Moratti, ecc.) ci fa sorgere un dubbio. Non sarà mica che agitare tutti questi “spauracchi” è funzionale a facilitare l’ascesa di Draghi al Quirinale, con un passaggio senza soluzione di continuità dalla posizione di Primo Ministro a quella di Presidente della Repubblica? Uno scenario del genere sarebbe l’ennesimo, e forse definitivo, colpo alla tenuta del traballante assetto costituzionale italiano.

Avere come Capo dello Stato l’autoproclamato “nonno al servizio delle istituzioni” significherebbe trasformare la Presidenza della Repubblica da organo di garanzia in principale attore dell’indirizzo politico del Paese. L’Italia diventerebbe così un presidenzialismo o un semipresidenzialismo di fatto, con il trionfo del “pilota automatico”, la dichiarata immutabilità delle strategie e delle politiche per il futuro, e la scelta (anzitutto di un Parlamento sempre meno credibile, purtroppo) di consegnarsi senza resistenza alcuna a provvidenziali “uomini soli al comando”.

Dicono, infatti, che Draghi al Quirinale sarebbe la garanzia della continuità e della stabilità. In una nazione così diseguale, sempre più ingiusta e escludente non abbiamo affatto bisogno di continuità. Draghi è il guardiano della conservazione, e noi non possiamo permetterci di conservare uno status quo di povertà e diseguaglianze.

mario draghi al quirinale
mario draghi